Cantarella Eva - 2019 - Gli inganni di Pandora. L'origine delle discriminazioni di genere nella Grecia antica by Cantarella Eva

Cantarella Eva - 2019 - Gli inganni di Pandora. L'origine delle discriminazioni di genere nella Grecia antica by Cantarella Eva

autore:Cantarella Eva [Cantarella Eva]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788807492709
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2019-10-02T22:00:00+00:00


Le conclusioni di Aristotele

A mettere fine alle diatribe sul contributo femminile alla procreazione (come vedremo più avanti, per un considerevole numero di secoli) fu Aristotele, che in questo contributo credeva, e del quale illustrò nei dettagli la natura e il ruolo.

Accanto allo sperma, spiegò lo Stagirita, alla formazione dell’embrione concorre il sangue mestruale: ma con un ruolo diverso. Lo sperma infatti è sangue, come quello mestruale, ma più elaborato. Il sangue altro non è che il cibo che non viene espulso dall’organismo, trasformato dal calore del corpo: ma la donna, essendo meno calda dell’uomo, non può compiere l’ultima trasformazione, che dà luogo allo sperma.

La riproduzione, quindi, ha luogo quando il seme maschile “cuoce” il residuo femminile, trasformandolo in un nuovo essere. In altre parole: il seme ha un ruolo attivo, il sangue femminile un ruolo passivo. Anche se indispensabile, infatti, il contributo femminile è quello della materia, per sua natura passiva, con cui la donna si identifica; l’apporto maschile è invece quello dello spirito, attivo e creatore.10

Questa fu la conclusione del dibattuto problema, che l’autorità di Aristotele avrebbe trasmesso, nei secoli, sino a diventare elemento fondamentale del patrimonio culturale dell’Occidente.

Ma prima di passare a questo argomento soffermiamoci ancora su Aristotele: quale fosse l’idea della differenza e dei rapporti tra generi che Aristotele traeva da quanto sin qui visto, è cosa di tutta evidenza. E per evitare equivoci ricorriamo alle sue stesse parole: “Il maschio rispetto alla femmina è tale che per natura (physei) l’uno è migliore, l’altra peggiore, e l’uno comanda, l’altra è comandata”.

Quale ne fosse la ragione è chiarissimo: “Il maschio è più adatto al comando della femmina, tolte alcune eccezioni contro natura”.11

Come abbiamo avuto già modo di dire, solo gli uomini, infatti, possedevano nella sua pienezza il logos e quindi la capacità di deliberare: le donne – sappiamo anche questo – possedevano una ragione minore e imperfetta, che non consentiva loro di controllare la loro parte concupiscibile. Non mancavano del tutto della capacità deliberante, ma la possedevano “senza autorità”12: e questa circostanza si rifletteva anche sul rapporto affettivo tra coniugi, chiamato philia, al quale Aristotele dedica grande attenzione (come anche alle altre forme di amore chiamate con quel termine, che indicava anche l’amicizia – in particolare tra due uomini). E quando indicava l’amore coniugale, la philia era un sentimento tranquillo – spiega Aristotele –, sereno, pacifico, funzionale all’armonia dell’oikos, destinato auspicabilmente a crescere nel tempo, la cui natura (eccoci al punto più rilevante) era legata all’idea che delle due persone che lo provavano una fosse superiore (il marito), l’altra inferiore (la moglie).

Il maschio infatti, scrive Aristotele – lo abbiamo già detto ma vale la pena ripeterlo –, è più adatto al comando della femmina, tolte alcune eccezioni contro natura.

Dopo di che illustra con grande chiarezza le caratteristiche del potere maschile sulla donna, paragonandolo a quello dell’uomo di Stato. E subito dopo, specifica: attenzione, però, tra questi due poteri vi è una differenza: l’autorità dell’uomo di Stato prevede un’alternanza di comando tra i cittadini. Nel rapporto uomo-donna invece non può esserci alternanza.



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